Riferimenti normativi e giurisprudenziali
art. 12 L. 392 del 1978;
art. 32 L. 392 del 1978;
Corte di Cassazione Civile, sez. III, sentenza del 20.12.2019 n. 34148;
Tribunale di Milano sentenza 04 marzo 2013.
1. Il canone di locazione
Come noto, il canone di locazione viene liberamente determinato dalle parti senza che vi siano particolari limitazioni. Una volta pattuito il canone, questo deve essere necessariamente indicato nel contratto di locazione, che poi deve essere registrato entro il termine di 30 giorni.
L’effetto immediato della registrazione del contratto è quello di cristallizzare il canone di locazione e di renderlo esigibile dal locatore. Ciò significa che:
- il canone di locazione non potrà più essere aumentato;
- il locatore può pretendere il versamento dell’intero canone indicato nel contratto registrato;
- il conduttore può esercitare il diritto di non versare ulteriori importi non dovuti e non previsti dalla legge.
2. Il divieto di aumento del canone di locazione
Sia in ambito di locazione ad uso abitativo che commerciale, la legge. 392/1978 (artt. 12 e 32) pone un divieto di aumento del canone di locazione, se non per aggiornamenti ISTAT.
La giurisprudenza poi, si è mossa quasi sempre nella direzione di avvallare una lettura abbastanza amplia della norma, ritenendo che non fosse possibile alcun aumento del canone di locazione, nemmeno qualora derivante da accordo tra le parti.
In sostanza, anche se locatore o conduttore dovessero stipulare apposito scrittura privata per prevedere l’aumento del canone, questo non sarebbe né legittimo né valido. La scrittura privata, o la clausola contenuta in autonomo contratto, risulterebbero pertanto affetti da nullità. Il conduttore non sarebbe tenuto a versare l’importo maggiorato e in caso di versamento avrebbe diritto a richiederne la restituzione.
Tale orientamento viene riconfermato dalla sentenza della Corte di Cassazione dello scorso dicembre, nella quale sancisce che il conduttore, in ogni caso, non può mai rinunciare al diritto di non vedere aumentato il canone di locazione durante la persistenza del contratto. Infatti, ogni aumento che non sia diretto ad adeguare il canone agli aggiornamento ISTAT non può ritenersi legittimo. Qualsiasi accordo in tal senso è pertanto affetto da nullità in quanto contrario alla normativa in materia.
L’aumento del canone, non è possibile nemmeno alla prima scadenza contrattuale, infatti si tratta di un rinnovo alle stesse condizioni e non della stipula di un nuovo contratto.
La Suprema Corte sottolinea come l’unico modo lecito per pervenire ad un aumento del canone sia la risoluzione del contratto di locazione (nei rispetto dei termini di legge) e conseguente stipula di nuovo contratto, in cui sia indicato il canone aumentato.
Ai fini di completezza, si precisa che ovviamente il canone di riferimento è quello indicato nel contratto di locazione registrato. Nel caso in cui il contratto non fosse stato registrato, sarebbe affetto da nullità, con la conseguenza che nulla potrebbe essere preteso tanto dal locatore quanto dal conduttore in tema di aumento del canone.
3. Aumento graduale e frazionato del canone di locazione
I tribunali di merito, in particolare quello di Milano, in tema di modifiche al canone di locazione, ha analizzato alcuni casi particolari, che si pongono non tanto in deroga alla normativa, ma al limite della stessa. Orientamento seguito anche dalla giurisprudenza di legittimità.
Ad esempio, il Tribunale di Milano sostiene che nel contratto di locazione può essere prevista una clausola in cui si prevedano degli aumenti frazionati e periodici del canone di locazione, in virtù di specifiche esigenze delle parti. Tali aumenti, devono essere previsti sin dall’inizio dal contratto e devono essere prevedibili. Devono cioè dipendere da cause predeterminate dal contratto. Non sono comunque ammessi aumenti del canone in corso del contratto e dovuti da esigenze momentanee.
Oppure, sempre il Tribunale di Milano, ritiene legittima la clausola contrattuale che prevede un importo più basso per i primi periodi di locazione e uno più alto per quelli successivi, sempre che dettati da specifiche esigenze. Ad esempio, una simile clausola è legittima quando il conduttore debba effettuare importanti lavori di ristrutturazione all’immobile e di cui sia obbligato anche il locatore. In tale caso, il canone effettivo sarebbe quello più alto, e l’importo minore iniziale sarebbe giustificato dalle spese di ristrutturazione anticipate dal conduttore.
In ogni caso, la corte territoriale sottolinea come gli aumenti del canone previsti ab origine dal contratto di locazione, vadano esaminati ogni volta nel concreto e che possono essere legittimi sol se giustificati da particolari esigenze. Non posso mai eludere la normativa in tema di equo canone sopra analizzata.
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