Casi particolari di dimissioni: dimissioni del genitore e dimissioni di fatto
- Valentina Mosca
- 6 giorni fa
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Dimissioni del genitore e dimissioni di fatto, le procedure e le tutele previste dalla legge
Nel panorama del diritto del lavoro, le dimissioni non rappresentano un istituto unitario e uniforme. Accanto alle dimissioni “ordinarie” e alle dimissioni per giusta causa, esistono ipotesi particolari che meritano un’attenzione specifica, sia per la disciplina normativa applicabile sia per le rilevanti conseguenze pratiche che ne derivano.
Tra queste assumono particolare rilievo:
le dimissioni del genitore lavoratore, fortemente tutelate dall’ordinamento;
le dimissioni di fatto, recentemente oggetto di un importante intervento normativo.
Si tratta di fattispecie che, se mal gestite, possono esporre lavoratore e datore di lavoro a rischi giuridici significativi.
Le dimissioni del genitore lavoratore: un recesso “protetto”
1. Fondamento normativo
La disciplina delle dimissioni del genitore trova il proprio fondamento nel D.Lgs. n. 151/2001 (Testo Unico sulla maternità e paternità), il quale tutela in modo rafforzato il lavoratore o la lavoratrice in un periodo particolarmente delicato della vita personale e familiare.
In particolare:
durante il periodo di gravidanza;
e fino al compimento del terzo anno di vita del figlio (o dall’ingresso del minore in famiglia in caso di adozione o affidamento),
le dimissioni non producono effetti automatici, ma devono essere convalidate da un’autorità pubblica.
2. Obbligo di convalida
Le dimissioni del genitore lavoratore:
non possono essere rassegnate liberamente, come avviene nei casi ordinari;
devono essere convalidate dall’Ispettorato Territoriale del Lavoro (ITL) competente.
La ratio della norma è chiara: evitare che il lavoratore subisca pressioni, condizionamenti o dimissioni “indotte” dal datore di lavoro in una fase di particolare vulnerabilità.
Ø Senza convalida, le dimissioni sono inefficaci.
Ø Il lavoratore non deve rendere le dimissioni tramite la procedura telematica prevista per le dimissioni volontarie. Dovrà presentare apposita istanza di convalida all’ITL, cui seguirà un colloquio e la successiva ratifica. Solo allora il lavoratore potrà comunicare per iscritto le dimissioni al datore di lavoro, allegando la convalida dell’ITL.
3. Diritti economici del genitore dimissionario
Uno degli aspetti più rilevanti è che:
le dimissioni rassegnate in questo periodo non comportano la perdita delle tutele economiche.
In particolare:
non è richiesto il preavviso;
il lavoratore ha diritto all’indennità sostitutiva del preavviso;
le dimissioni sono considerate, sotto il profilo previdenziale, assimilabili a un licenziamento, con possibilità di accesso alla NASpI, se ricorrono gli altri requisiti di legge.
Ø L’accesso alla NAPSI è previsto solo fino al compimento del primo anno del figlio.
Ø Attenzione: è importante distinguere le dimissioni del genitore sia dalle dimissioni volontarie “ordinarie”, che dalle dimissioni per giusta causa. Si tratta di una fattispecie autonoma, con un regime di tutela speciale che non può essere derogato nemmeno per accordo tra le parti.
Le dimissioni di fatto: la nuova disciplina normativa
1. Cosa si intende per dimissioni di fatto
Con l’espressione dimissioni di fatto si fa riferimento a quelle situazioni in cui il lavoratore:
abbandona il posto di lavoro;
cessa di presentarsi senza alcuna comunicazione formale;
mantiene una condotta incompatibile con la volontà di proseguire il rapporto.
Tradizionalmente, tali comportamenti generavano incertezza giuridica, lasciando il datore di lavoro in una sorta di “limbo” contrattuale.
2. Il nuovo intervento normativo
La normativa più recente ha introdotto una disciplina espressa delle dimissioni per fatti concludenti, stabilendo che:
l’assenza ingiustificata protratta nel tempo, secondo quanto previsto dal CCNL applicato (in genere oltre un determinato numero di giorni);
può essere considerata manifestazione tacita e inequivoca della volontà di dimettersi.
In tali ipotesi:
il datore di lavoro può procedere alla risoluzione del rapporto;
senza necessità di un licenziamento disciplinare;
previa comunicazione formale agli enti competenti.
3. Presupposti essenziali
Affinché si possa parlare legittimamente di dimissioni di fatto, è necessario che:
l’assenza sia ingiustificata;
sia prolungata oltre i limiti previsti dalla contrattazione collettiva;
il comportamento del lavoratore sia univocamente incompatibile con la prosecuzione del rapporto.
Ø Non tutte le assenze giustificano automaticamente la cessazione del rapporto.
4. Convalida dell’ITL
La recente disciplina delle dimissioni di fatto non ha eliminato il ruolo di garanzia dell’Ispettorato Territoriale del Lavoro, che continua a rivestire una funzione centrale nel bilanciamento tra certezza dei rapporti giuridici e tutela del lavoratore.
In particolare, la cessazione del rapporto per dimissioni di fatto non opera in modo automatico e incontrollato, ma è subordinata a una verifica amministrativa volta ad accertare che la volontà di recesso del lavoratore sia:
· effettiva;
· consapevole;
· non viziata da comportamenti datoriali illegittimi (pressioni, condotte ritorsive, mobbing, demansionamenti).
In questo contesto, il datore di lavoro è tenuto a comunicare la situazione all’ITL competente, segnalando l’assenza ingiustificata protratta oltre i limiti previsti dal CCNL applicato e la conseguente intenzione di considerare risolto il rapporto per fatti concludenti.
L’Ispettorato può:
· convocare le parti;
· richiedere chiarimenti e documentazione;
· verificare l’eventuale sussistenza di cause giustificative dell’assenza (ad esempio, malattia, situazioni di forza maggiore, condotte datoriali illegittime).
Ø La finalità della convalida è evitare che le dimissioni di fatto si trasformino in un licenziamento mascherato, eludendo le garanzie procedurali e sostanziali previste dalla legge.
5. Effetti della mancata o irregolare convalida
Qualora emerga che:
l’assenza del lavoratore non era realmente espressione di volontà dimissoria;
oppure era conseguenza di un comportamento datoriale illegittimo;
la cessazione del rapporto non potrà essere qualificata come dimissioni di fatto, con il rischio di:
riqualificazione del recesso come licenziamento illegittimo;
applicazione delle relative tutele in favore del lavoratore (indennitarie o reintegratorie, a seconda del regime applicabile).
Viceversa, se l’istruttoria conferma:
la protratta assenza ingiustificata;
l’assenza di cause esimenti;
la volontà tacita ma inequivoca del lavoratore di interrompere il rapporto;
la cessazione del rapporto viene considerata legittima, con gli effetti tipici delle dimissioni volontarie.
Ø Dal punto di vista operativo:
- il datore di lavoro deve agire con cautela e documentare puntualmente ogni passaggio;
- il lavoratore, anche in caso di difficoltà o conflitto, dovrebbe sempre formalizzare le proprie intenzioni, evitando comportamenti ambigui che possano essere interpretati come dimissioni.
Ø La convalida dell’ITL si conferma, dunque, come uno strumento essenziale di garanzia e controllo, volto a preservare la correttezza del sistema e a prevenire contenziosi.
6. Effetti giuridici
Le dimissioni di fatto:
non danno diritto alla NASpI, in quanto equiparate alle dimissioni volontarie;
non comportano l’applicazione delle tutele previste per il licenziamento;
possono esporre il lavoratore a conseguenze economiche negative, soprattutto se non vi è una giustificazione valida dell’assenza.
Dal lato datoriale, un uso improprio dell’istituto può determinare:
contenzioso giudiziario;
rischio di riqualificazione del recesso come licenziamento illegittimo.
7. Dimissioni del genitore e dimissioni di fatto: due modelli opposti di tutela
Il confronto tra le due fattispecie è emblematico:
nelle dimissioni del genitore, l’ordinamento rafforza al massimo la tutela del lavoratore;
nelle dimissioni di fatto, il legislatore ha inteso garantire certezza giuridica al datore di lavoro, evitando abusi e situazioni di stallo.
In entrambi i casi, tuttavia, emerge un principio comune: la volontà di recedere dal rapporto deve essere chiara, consapevole e giuridicamente qualificabile.
Conclusioni
Le dimissioni non sono mai un atto “neutro”. Nei casi particolari analizzati:
un errore procedurale;
una sottovalutazione degli effetti giuridici;
o una gestione frettolosa della vicenda,
possono generare conseguenze rilevanti sia per il lavoratore che per il datore di lavoro.
Per questo motivo, soprattutto in presenza di:
dimissioni in periodi protetti;
assenze prolungate e non comunicate;
situazioni di conflitto,
è sempre opportuno procedere con attenzione, consapevolezza e – quando necessario – assistenza qualificata.

