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Il Licenziamento per Giustificato Motivo Oggettivo: normativa, requisiti e tutele

Capiamo in cosa consiste il licenziamento per giustificato motivo oggettivo: legittimità e obblighi del datore di lavoro


In cosa consiste il licenziamento per giustificato motivo oggettivo

Il licenziamento per giustificato motivo oggettivo (GMO) costituisce una delle ipotesi di recesso individuale del datore di lavoro dal contratto a tempo indeterminato, legittimato da esigenze organizzative o economiche aziendali. A differenza del licenziamento disciplinare (per giustificato motivo soggettivo o per giusta causa), il GMO è riconducibile a motivazioni estranee alla condotta del lavoratore e attinenti esclusivamente alla sfera organizzativa-imprenditoriale.

Tuttavia, l’apparente libertà di recesso è fortemente temperata da una serie di requisiti formali e sostanziali, nonché da un consolidato orientamento giurisprudenziale volto a impedire abusi e licenziamenti pretestuosi.


Normativa applicabile

Il fondamento normativo principale del licenziamento per GMO è l’art. 3 della Legge n. 604/1966, il quale stabilisce che: “Costituisce giustificato motivo oggettivo quello determinato da ragioni inerenti all'attività produttiva, all'organizzazione del lavoro e al regolare funzionamento di essa”.

Questa norma ha rappresentato la base di una elaborazione dottrinale e giurisprudenziale pluridecennale che ha contribuito a tipizzare il concetto, altrimenti vago, di “giustificato motivo oggettivo”.

Va poi considerato il D.Lgs. n. 23/2015 (Jobs Act), che ha introdotto tutele differenti per i lavoratori assunti dopo il 7 marzo 2015: in tali casi, il regime sanzionatorio del licenziamento illegittimo è esclusivamente indennitario, salvo casi di nullità o discriminazione.

Infine, l’art. 7 della Legge n. 604/1966, come modificato dalla Legge Fornero (n. 92/2012), ha previsto per le imprese con più di 15 dipendenti un obbligo procedurale di attivare una fase preliminare di conciliazione presso l’Ispettorato Territoriale del Lavoro.


Natura e finalità del licenziamento oggettivo

Il licenziamento per GMO rappresenta un’espressione dell’autonomia imprenditoriale garantita dall’art. 41 della Costituzione, la quale tutela l’iniziativa economica privata, seppur entro i limiti imposti dall’utilità sociale e dai diritti del lavoratore.

La dottrina ha tradizionalmente letto il licenziamento oggettivo come strumento per l’efficienza organizzativa dell’impresa, ma al contempo come evento eccezionale, da adottare solo in assenza di alternative ragionevoli. Il recesso, in quanto atto unilaterale recettizio, deve quindi rispettare i canoni di buona fede e correttezza contrattuale (artt. 1175 e 1375 c.c.).


Ø  La giurisprudenza costituzionale ha ribadito che il bilanciamento tra libertà d’impresa e tutela del lavoratore non può tradursi in una deresponsabilizzazione datoriale, valorizzando la funzione sociale del contratto di lavoro.

 

I Requisiti per la Legittimità del Licenziamento

1. Motivo oggettivo attuale e documentabile

Il motivo oggettivo deve consistere in un'esigenza concreta, attuale, non fittizia. Può derivare da:

  • crisi economica o calo di fatturato;

  • automatizzazione o informatizzazione di processi;

  • soppressione di una funzione aziendale;

  • esternalizzazione di servizi.


Ø  La giurisprudenza ha chiarito che la mera esigenza di contenimento dei costi non è di per sé sufficiente, se non accompagnata da un progetto aziendale organico e da prove concrete della necessità. Sostanzialmente le motivazioni del GMO possono riguardare o una crisi aziendale o una riorganizzazione aziendale e in entrambi i casi il datore di lavoro deve poter provare la reale esigenza aziendale connessa al licenziamento.


2. Nesso causale tra il riassetto organizzativo e la posizione lavorativa soppressa

Il datore deve dimostrare che la riorganizzazione incide direttamente sul posto occupato dal lavoratore licenziato, e che la posizione non è più necessaria nell’organigramma. Non è ammesso un recesso motivato genericamente da “ristrutturazioni” o “riduzioni di personale”.


3. Obbligo di repêchage (ricollocazione)

L’obbligo di repêchage impone al datore di lavoro di verificare l’eventuale possibilità di reimpiego del lavoratore in posizioni equivalenti o inferiori (con consenso). La giurisprudenza ha statuito che tale obbligo è parte integrante del principio di buona fede, ed è tanto più stringente quanto più ampia è la struttura aziendale.


Ø  Il datore di lavoro ha l’obbligo di proporre al lavoratore eventuali mansioni inferiori disponibili e nelle quali può essere ricollocato. Il lavoratore non è obbligato ad accettare, ma in tal caso il datore di lavoro avrà assolto al proprio onere di ricollocazione.

Ø  Il datore di lavoro che procede con un licenziamento per GMO non può procedere a nuove assunzioni per i successivi 6 mesi e in relazioni a posizioni equivalenti (o inferiori) a quella del lavoratore licenziato. Quest’ultimo ha diritto di prelazione sulle assunzioni che il datore intende effettuare nei 6 mesi successivi al licenziamento. La violazione del diritto di prelazione comporta il diritto del lavoratore a reclamare l’assunzione presso il datore di lavoro e la possibilità di impugnare il licenziamento illegittimo.


4. Rispetto della procedura conciliativa (aziende oltre i 15 dipendenti)

Ai sensi dell’art. 7 della L. 604/1966, il licenziamento deve essere preceduto da una comunicazione scritta all’Ispettorato, con indicazione delle ragioni e delle eventuali misure di assistenza alla ricollocazione. L’ispettorato convoca un incontro entro 7 giorni, volto a trovare una soluzione consensuale. Il mancato rispetto di tale procedura rende inefficace il licenziamento.


Ø  In ogni caso il datore di lavoro è obbligato a comunicare per iscritto il licenziamento che, in caso contrario, sarà soggetto a radicale nullità

Ø  Il lavoratore ha sempre diritto a lavorare per il preavviso previsto contrattualmente o, qualora esonerato dal datore di lavoro, a ricevere l’equivalente indennità sostitutiva del preavviso.


Gli obblighi specifici del datore di lavoro

1. Onere probatorio

Grava interamente sul datore l’onere di dimostrare:

  • la concretezza e oggettività del motivo;

  • l’effettiva soppressione del posto di lavoro;

  • la non fungibilità del lavoratore in altra posizione;

  • la necessità della misura rispetto all’organizzazione aziendale.

Ø  La giurisprudenza ritiene che il datore debba anche dimostrare la proporzionalità del licenziamento rispetto alla finalità perseguita.


2. Motivazione dettagliata

L’atto di licenziamento deve contenere una motivazione esplicita, con indicazione puntuale delle circostanze di fatto e delle ragioni economico-organizzative sottostanti. Le formule generiche sono state ritenute insufficienti e fonte di illegittimità del licenziamento.


3. Correttezza e proporzionalità: il ricollocamento

L’art. 2103 c.c., come riformato, impone al datore di impiegare il lavoratore in mansioni diverse, se disponibili, anche inferiori, purché compatibili. Questo principio, si applica anche in fase di valutazione del repêchage.

 

Ø  Se il datore di lavoro non ottempera a tutti gli oneri imposti dalla legge, il licenziamento può essere dichiarato nullo o illegittimo, con differenti conseguenze sul piano della tutela del lavoratore. Approfondiremo il tema della tutela del lavoratore in caso di licenziamento in un apposito articolo.

 

Conclusioni

Il licenziamento per giustificato motivo oggettivo rappresenta un bilanciamento delicato tra le esigenze organizzative dell’impresa e il diritto alla stabilità lavorativa del dipendente. La sua legittimità non si esaurisce nella dichiarazione formale di una crisi o di un’esigenza aziendale, ma richiede una prova concreta e articolata, nonché il rispetto di obblighi procedurali e sostanziali rigorosi.

Le recenti pronunce dei giudici del lavoro confermano un approccio stringente e garantista, volto a evitare che il recesso per motivi economici diventi uno strumento elusivo delle garanzie occupazionali.

L’impresa, prima di procedere al licenziamento per GMO, è chiamata a valutare ogni possibile alternativa, nella logica di un rapporto fiduciario e collaborativo che non si esaurisce con le difficoltà aziendali, ma si rinnova nella ricerca di soluzioni sostenibili e conformi ai principi costituzionali e civilistici.


un lavoratore licenziamento che si allontana tristemente dall'azienda con uno scatolone con le sue cose. Sullo sfondo quello che era il suo ufficio viene sgomberato

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