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LICENZIAMENTO DISCIPLINARE

Scopriamo insieme le caratteristiche principali del licenziamento per giusta causa: normativa, esempi e differenze con il giustificato motivo soggettivo


In cosa consiste il licenziamento per giusta causa

Il licenziamento per giusta causa rappresenta una delle manifestazioni più rilevanti e controverse nel diritto del lavoro, tema sempre attuale e i cui risvolti giuridici sono sempre in divenire per come delineati dalla giurisprudenza.

Trattasi di una forma di recesso senza preavviso che si verifica in presenza di condotte gravemente lesive da parte del prestatore di lavoro, tali da compromettere irrimediabilmente il vincolo fiduciario tra le parti.

L’art. 2119 del Codice Civile costituisce il fondamento del licenziamento per giusta causa, sancendo che ogni contratto può essere risolto senza preavviso laddove si verifichino circostanze che impediscano la prosecuzione del rapporto. La normativa si innesta nel quadro regolamentare generale delineato dallo Statuto dei Lavoratori (Legge 300/1970), con tutte le ulteriori modifiche apportate dalla Legge Fornero prima e dal Job Act successivamente.

 

Ø  Attenzione: per licenziamento senza preavviso si intende che il rapporto di lavoro si interrompe senza che al lavoratore sia concesso il termine di preavviso, così come indicato nel CCNL di riferimento. Non significa che il lavoratore possa essere licenziato senza un previo procedimento disciplinare. Diversamente il licenziamento sarebbe irrimediabilmente illegittimo.


Il concetto di giusta causa: fatto materiale e fatto giuridico

Fatto materiale vs fatto giuridico

Un tema centrale nell’ambito del concetto di giusta causa è la distinzione tra il fatto materiale e la sua qualificazione giuridica. Il fatto materiale rappresenta la realtà fattuale del comportamento imputato al lavoratore (es. una sottrazione di beni aziendali); il fatto giuridico invece consiste nella valutazione normativa e contrattuale di tale comportamento, ossia il disvalore giuridico del fatto (es. il lavoratore sottrae una confezione di graffette vs il lavoratore sottrae una macchina aziendale).

L’orientamento giurisprudenziale prevalente, chiarisce che il fatto materiale deve possedere rilevanza disciplinare e caratteri di gravità tali da giustificare il recesso senza preavviso. Pertanto, la verifica del giudice non si limita alla sussistenza materiale del fatto, ma estende l’analisi alla sua qualificazione come causa di licenziamento. In altre parole, affinché il licenziamento sia fondato e legittimo, non solo il fatto materiale deve sussistere ed essere direttamente imputabile al lavoratore, ma il fatto deve avere anche rilevanza giuridica e consistere in una violazione contrattuale e normativa. È possibile affermare che seppur il fatto risulti sussistente, qualora non abbia rilevanza disciplinare e giuridica non potrà costituire una valida causa di licenziamento. Nell’esempio di poc’anzi il lavoratore che sottrae una scatola di graffette ha certamente compiuto una violazione, ma questa non avrà rilevanza giuridica tale da giustificare un licenziamento.

Onere della prova

In caso di contestazione del licenziamento, sarà il datore di lavoro a dover provare e dimostrare:

·       la sussistenza del fatto materiale;

·       il disvalore giuridico;

·       l’irrimediabile lesione del vincolo fiduciario

 


Il criterio della proporzionalità del licenziamento

La proporzionalità rappresenta un elemento cardine nel giudizio di legittimità del licenziamento. Infatti, non solo il fatto materiale deve essere sussistente e caratterizzato da disvalore giuridico, ma il licenziamento deve essere altresì proporzionale alla violazione commessa dal lavoratore.

Si rammenta come il licenziamento per giusta causa rappresenti una sanzione disciplinare, la più grave delle sanzioni previste dal nostro ordinamento e dai CCNL e in quanto tale deve attenersi al criterio della proporzionalità.

Ai sensi dell’art. 2106 c.c., le sanzioni disciplinari devono essere proporzionate rispetto alla gravità dell’inadempimento. Ai fini del giudizio di proporzionalità bisogna considerare la natura e le circostanze del fatto, nonché l’importanza nell’inadempimento.

Ad esempio, la giurisprudenza ha più volte ribadito come una singola omissione, priva di conseguenze concrete, non giustifica un licenziamento senza preavviso se non accompagnata da una reiterazione o da danni tangibili.

 

Ø  Una prima valutazione in merito alla proporzionalità del licenziamento deve essere fatta sulla base delle disposizioni del CCNL applicato. Infatti, i contratti collettivi forniscono una prima indicazione in merito alle violazioni disciplinari del lavoratore la cui gravità è tale da giustificare il licenziamento per giusta causa.



Il licenziamento per giustificato motivo soggettivo

Nell’alveo dei licenziamenti disciplinari il licenziamento per giustificato motivo soggettivo rappresenta una delle modalità di risoluzione del rapporto di lavoro subordinato, disciplinata dalla L. 604/1966 e trova il proprio fondamento sempre nell’art. 2119 c.c.

Anche questa forma di licenziamento si fonda su un inadempimento del lavoratore che, pur non essendo così grave da giustificare un licenziamento immediato (come nel caso della giusta causa), compromette il rapporto fiduciario con il datore di lavoro.

Il licenziamento per giusta causa si distingue dal giustificato motivo soggettivo per la gravità del comportamento del lavoratore. Mentre il giustificato motivo soggettivo prevede il licenziamento con preavviso, la giusta causa implica una risoluzione immediata del rapporto di lavoro, senza preavviso e a causa di condotte particolarmente gravi.

Il tipico esempio di licenziamento per giustificato motivo soggettivo è quello dello scarso rendimento del lavoratore o in ogni caso dell’inadempienza alle mansioni assegnate.

In ogni caso, è bene ricordare, che anche il licenziamento per giustificato motivo soggettivo, essendo riconducibile all’ambito dei licenziamenti disciplinari, deve sempre essere preceduto da una contestazione disciplinare e dall’apertura del relativo procedimento (v. apposito articolo).

 

Tutela del lavoratore in caso di licenziamento illegittimo

Reintegra nel posto di lavoro

Ad oggi, alla maggior parte dei licenziamenti si applica ormai il Job Act e dunque si parla prevalentemente di tutela risarcitoria piuttosto che di tutela di reintegratoria.

In relazione ai licenziamenti per giusta causa, attualmente, la normativa prevede la reintegra del lavoratore solo nei casi di:

·       insussistenza del fatto materiale;

·       insussistenza del fatto giuridico;

·       vizi gravissimi del procedimento disciplinare

 

Ø  Bisogna rilevare come, in forza delle concrete applicazioni giurisprudenziali della normativa, l’orizzonte di applicabilità della reintegra si stia estendendo a diverse ed ulteriori ipotesi (ad esempio la mancanza di una contestazione disciplinare o quando risulti talmente generica da poter garantire il diritto di difesa). 


Indennità risarcitoria

In tutti i restanti casi di illegittimità del licenziamento il lavoratore ha diritto esclusivamente al versamento di un’indennità risarcitoria il cui ammontare varia a seconda:

·       degli anni di assunzione;

·       del numero di dipendenti in forza;

·       del contesto in cui avviene il licenziamento e comportamento delle parti.

L’argomento della tutela del lavoratore in caso di licenziamento verrà trattato in maniera più approfondita nei prossimi articoli.

 

Conclusioni

Il licenziamento per giusta causa è una misura estrema, legittima solo quando sussistono gravi violazioni e la procedura è rispettata in ogni dettaglio. La tutela del lavoratore varia in base alla gravità della condotta, alla correttezza del procedimento e alla normativa vigente.


un uomo, datore di lavoro, che caccia dall'ufficio un altro uomo, il lavoratore, biasimandolo e colpevolizzandolo: lo sta licenziando

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