Qui potete ascoltare il podcast: 'A Cavallo di Un Cavillo - Pillole di diritto per tutti'
Riferimenti normativi:
- art. 2904 c.c.
- art. 2905 c.c.
- art. 2103 c.c.
- art. 96 disp. att c.c.
Il contratto di lavoro è un contratto a prestazioni corrispettive, che intercorre tra datore di lavoro e dipendente e ha ad oggetto l’obbligo di eseguire la prestazione di lavoro a fronte di una retribuzione.
La prestazione di lavoro subordinato rappresenta il contenuto principale dell’obbligazione del lavoratore e consiste nella messa a disposizione del proprio lavoro intellettuale o manuale alle dipendenze e sotto la direzione dell’imprenditore (art. 2094 c.c.).
Il contenuto della prestazione lavorativa dipende da una serie di fattori, in particolare da: mansioni, qualifiche e categorie
1. Mansioni, qualifiche e categorie
Le mansioni indicano l’insieme dei compiti, delle attività concrete e specifiche che il lavoratore è tenuto ad eseguire. Individuano l’oggetto specifico dell’obbligazione lavorativa.
** Principio di contrattualità delle mansioni: ai sensi dell’art. 2103 c.c. ‘il lavoratore deve essere adibito alle mansioni per cui è stato assunto’. Inoltre l’art. 96 disp. att. c.c. impone al datore di lavoro di informare il dipendente circa le mansioni e qualifiche che gli sono state assegnate all’assunzione. Ciò significa, che le mansioni del lavoratore vengono cristallizzate nel momento dell’assunzione, così come contrattualizzate e il lavoratore ha il diritto di svolgere quelle determinate mansioni. Si pone così un limite alle modifiche delle mansioni da parte del datore, come vedremo in seguito.
Le qualifiche, invece, rappresentano lo status professionale del lavoratore, legalmente e contrattualmente individuato in relazione alle mansioni. Esprimono il tipo ed il livello di figura professionale consentono di determinare:
la posizione del lavoratore all’interno della struttura organizzativa dell’impresa (aspetto importante, perché a seconda del ruolo ricoperto ovviamente variano diritti, obblighi e responsabilità);
il trattamento economico, previdenziale e normativo del lavoratore.
Le qualifiche vengono individuate dal datore di lavoro, che però non ha piena libertà in merito e deve rispettare i seguenti limiti:
le qualifiche sono predeterminate dalla contrattazione collettiva e seguono i criteri legali (ciò significa che il datore di lavoro non può ‘creare’ qualifiche ad hoc, ma deve avvalersi di quelle predeterminate contrattualmente e legalmente);
le qualifiche devono essere distribuite per gradi entro le varie categorie di dipendenti, in modo che sia prestabilito l’ordinamento gerarchico dell’impresa (le qualifiche assegnate devono quindi corrispondere al corretto inquadramento contrattuale, cioè al livello previsto per quella specifica qualifica. Ad es. un operaio qualificato come facchino, sono potrà rientrare nella categoria del quadri dirigenziali);
obbligo di informare il lavoratore, al momento dell’assunzione, circa la qualifica assegnata.
Le mansioni indicano l’oggetto specifico della prestazione di lavoro, mentre le qualifiche l’oggetto generico. Le qualifiche contengono le mansioni.
** Ad es: qualifica magazziniere – mansioni: carico e scarico merci, rifornimento magazzino...
Quanto alle categorie, bisogna premettere che è un sistema che ormai non viene più utilizzato. Le categorie potevano essere legali o contrattuali. Quelle legali (art. 2905 c.c.) prevedono la classica e assai conosciuta divisione dei dipendenti in:
quadri: livelli dirigenziali;
impiegati: dipendenti che prestano per lo più lavoro intellettuale;
operai: dipendenti che prestano per lo più lavoro manuale.
A queste categorie si aggiungevano quelle contrattuali (CCNL):
funzionari: personale con funzioni direttive nell’ambito finanziario e assicurativo;
intermedi: si collocano al massimo livello all’interno della categoria degli operai, sono gli operai che hanno funzione di guida, ad es. i capi squadra.
Come dicevo questo sistema di suddivisioni non viene più utilizzato, ha lasciato il posto al sistema c.d. dell’inquadramento unico. Non sono più previste le divisioni in categorie, ma la contrattazione collettiva prevede una pluralità di livelli professionali ordinanti in un’unica scala. Per ogni livello sono individuate tutta una serie di qualifiche e le relative mansioni tipiche.
** La contrattazione collettiva (CCNL) diventa quindi fondamentale per l’individuazione del livello professionale, della qualifica e delle mansioni del lavoratore. Tant’è che molto spesso il contratto individuale ne dà un’indicazione generica, rimandando per le specifiche al CCNL di settore. Per questo è sempre consigliato leggere anche il proprio CCNL di riferimento, dal quale il lavoratore può venire a conoscenza di tutti i propri diritti e obblighi.
** Es. un dipendente potrebbe essere inquadrato come segue: livello V, qualifica facchino, mansioni di carico e scarico merci, rifornimento magazzino….
2. Obbligo di informazione del datore di lavoro
Come già accennato, ai sensi dell’art. 96 disp. Att. c.c., il datore di lavoro ha l’obbligo di informare il lavoratore circa tutti gli elementi che compongono la prestazione lavorativa e sulle modalità di svolgimento. L’obbligo informativo deve essere assolto al momento dell’assunzione e quindi tramite la consegna o della lettera di assunzione o della copia del contratto individuale. Questi documenti dovranno contenere inderogabilmente:
identità del datore di lavoro;
luogo di lavoro;
di inizio del rapporto di lavoro e durata, precisando se si tratta di lavoro a tempo indeterminato o determinato, nonché, se previsto, la durata del patto di prova;
inquadramento, livello e qualifica attribuiti al lavoratore (è legittima l’indicazione generica con rimando al CCNL di riferimento).
3. Mutamento delle mansioni
Il datore di lavoro, seppur con dei limiti, ha il potere di modificare le mansioni del lavoratore durante lo svolgimento del rapporto, rispetto a quanto era stato previsto contrattualmente al momento dell’assunzione. Questo è il c.d. jus variandi del datore di lavoro ed è disciplinato dall’art. 2103 c.c. che prevede che il lavoratore deve essere adibito alle mansioni per cui è stato assunto o a quelle corrispondenti all’inquadramento superiore acquisito successivamente o alle mansioni riconducibili all’interno del livello contrattuale di inquadramento.
Sono previste due tipologie di mobilità, quella orizzontale e quella verticale.
La mobilità orizzontale, ossia quella all’interno del livello contrattuale, è sempre possibile. L’art. 2013 c.c. fa infatti riferimento alle mansioni ricomprese all’interno del livello contrattuale del lavoratore, quindi i passaggi tra mansioni ivi ricomprese è legittimo, né il lavoratore può opporsi alla decisione in tal senso del datore di lavoro.
** Per verificare la legittimità della mobilità orizzontale bisogna far sempre riferimento al proprio CCNL. Qualora il datore di lavoro assegni al lavoratore mansioni non ricomprese all’interno del proprio livello, potrebbe commettere un illecito.
La mobilità verticale consiste in un passaggio a mansioni ricomprese in livello superiore o inferiore a quello previsto contrattualmente.
La mobilità verticale verso livelli superiori è ovviamente sempre possibile, ma affinché sia legittima deve rispettare determinate condizioni:
il datore di lavoro è tenuto a corrispondere al lavoratore anche l’aumento di retribuzione previsto per il livello di inquadramento superiore e ciò per tutto il tempo per cui viene adibito alle mansioni superiore;
qualora lo spostamento alle mansioni superiori sia di durata superiore ai 6 mesi, il lavoratore dovrà necessariamente essere stabilmente inquadrato nel livello superiore, con tutte le conseguenze retributive annesse;
la regola del punto di cui sopra non deve essere rispettata qualora il lavoratore venga adibito alle mansioni superiori in sostituzione di altro lavoratore (ad es. malattia prolungata o gravidanza).
Invece, la mobilità verticale verso livelli di inquadramento inferiori, il c.d. demansionamento, è possibile solo qualora dovuta da una modifica degli assetti organizzativi aziendali che incide sulla posizione del lavoratore. Il passaggio a mansioni inferiori deve essere comunicato per iscritto al dipendente, a pena di nullità. In sostanza, qualora il datore riorganizzi la propria struttura aziendale e dovesse venire meno la posizione del lavoratore, questo può essere adibito a mansioni inferiori.
Inoltre, l’art. 2103 c.c., prevede la possibilità di stipulare accordi individuali volti alla modifica in peius delle mansioni, della qualifica e del livello di inquadramento e relativa retribuzione , a condizione che:
la modifica sia nell’interesse del lavoratore (conservazione dell’occupazione -acquisizione di una diversa professionalità – miglioramento delle condizioni di vita);
l’accordo deve essere stipulato nelle sedi protette (sindacato – ispettorato del lavoro).
** Prima della riforma dell’art. 2013 c.c. ad opera del D.lgs. 81/2015 (job act), vigeva un divieto assoluto di demansionamento con conseguente nullità di qualsiasi accordo individuale in tal senso. Certamente vi era una maggior tutela del lavoratore, infatti anche qualora lo stesso avesse stipulato un accordo di demansionamento con il datore, questo sarebbe stato affetto da nullità. La ratio della previgente formulazione dell’art. 2103 c.c. era quella di tutelare un soggetto che difficilmente può dirsi libero di scegliere in determinate situazioni. E’ ovvio che il datore di lavoro ha più potere contrattuale e quindi può forzare il lavoratore ad essere demansionato (percependo anche una retribuzione inferiore) se l’alternativa è il licenziamento. Con la riforma prevista dal job act, invece, se vi è un accordo tra le parti, il demansionamento è legittimo. Così come è sufficiente una semplice riorganizzazione a legittimare lo spostamento alle mansioni inferiori.
Prima della riforma invece, il demansionamento era previsto solo per esigenze temporanee di riorganizzazione aziendale, era l’estrema ratio per evitare il licenziamento ed era una modifica temporanea, non a tempo indeterminato.
** In conclusione, sottolineo nuovamente, come sia sempre fondamentale leggere con attenzione il proprio CCNL di riferimento, perché al suo interno è contenuto tutto quanto serve al lavoratore per conoscere i proprio diritti ed evitare eventuali azioni illegittime da parte del datore di lavoro.
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