Le associazioni culturali, benchè non siano obbligate ad aderire alla riforma del terzo settore, vengono comunque inevitabilmente travolte dalla stessa.
Infatti, il Codice del Terzo Settore, si premura di effettuare tutta una serie di modifiche più che rilevanti alla normativa di riferimento, che incidono particolarmente dal punto di vista fiscale.
Infatti, se da un lato poco cambia rispetto alla qualificazione delle attività istituzionali o di interesse generale e quindi rispetto ai criteri di determinazione delle stesse, il regime fiscale per le associazioni culturali assumerà un panorama ben diverso a seguito dell’entrata in vigore effettiva del CTS.
Le associazioni dovranno valutare con attenzione le tipologie di attività svolte, le modalità con cui vengono svolte e inquadrarle correttamente dal punto di vista fiscale. Non potranno più prescindere da una corretta e completa valutazione del proprio assetto operativo, dalla quale poi conseguirà la scelta se aderire o meno alla riforma.
Bisogna quindi partire da una comparazione della normativa applicabile alle associazione culturali non iscritte al RUNTS con quella generica prevista dal codice civile e dal TUIR.
Solo essendo consapevoli di tutti questi aspetti si potrà ragionare sulla corretta forma giuridica da assumere, con tutto ciò che ne consegue.
1. FORMA E STATUTO
Quanto alla forma che possono assumere le associazioni culturali tra le norme del codice civile e quelle del codice del terzo settore, non vi è una differenza sostanziale.
Infatti, ai sensi di entrambe le normative le associazioni culturali possono essere sia riconosciute che non riconosciute. Nel primo caso, acquisiranno personalità giuridica e quindi autonomia patrimoniale perfetta,, mentre nel secondo caso non avranno la personalità giuridica e quindi vi sarà confusione tra il patrimonio dell’associazione e quello del legale rappresentante (per maggiori informazioni sulla personalità giuridica clicca qui).
Ciò che rileva invece è lo Statuto dell’associazione. Qualora questa dovesse aderire alla riforma e iscriversi al RUNTS, dovrà necessariamente modificare il proprio statuto al fine di adeguarlo alle norme e agli standard contenuti del CTS.
Così come l’associazione dovrà garantire anche la formazione di determinati organi associativi, un loro regolare e trasparente funzionamento, modalità democratiche e trasparenti di ammissione dei soci e il divieto di distribuzione degli utili.
Quindi l’associazione, oltre a modificare lo Statuto, potrebbe trovarsi ad dover rivedere la propria struttura organizzativa e gestionale, al fine di essere effettivamente compliant con il Codice del Terzo Settore.
Certo, l’adeguamento potrebbe essere considerato come un’attività troppo onerosa in termini di tempo e di denaro, ma d’altra parte, per l’associazione, potrebbe anche rivelarsi un’occasione per strutturarsi meglio e darsi un’organizzazione gestionale più solida ed efficiente.
2. ATTIVITÀ ISTITUZIONALI E ATTIVITÀ STRUMENTALI
In generale le attività istituzionali consistono nelle attività di interesse generale indicate nello statuto. Sono le finalità statutarie che persegue l’associazione.
Ad esse sono affiancate le attività strumentali, ossia tutte quelle attività, che pur non essendo prettamente istituzionali, corrono direttamente alla loro realizzazione.
I criteri che distinguono le attività istituzionali da quelle strumentali sono pressochè gli stessi del Codice del Terzo Settore, l’unica differenza è che in quest’ultimo le prime vengono tipizzate.
Le attività istituzionali sono tutte quelle attività di interesse generale (finalità sociali) che l’associazione decide di attuare, dichiarandolo nello statuto. Tutte le attività che non rientrano in queste sono strumentali.
In particolare, le attività di interesse generale sono elencate nell’art. 5 del CTS e sono tassative. Gli ETS devono svolgere almeno una di queste attività, dichiarandolo chiaramente nello statuto.
Mentre l’art. 6 consente agli ETS di effettuare attività diverse da quelle di interesse generale, purché siano strumentali allo loro realizzazione.
(Il concetto di attività di interesse generale è approfondito qui).
3. REGIME FISCALE
Per le associazioni culturali, ciò che rileva effettivamente ai fini di decidere se aderire o meno alla riforma del Terzo Settore, è il regime fiscale. Se l’associazione non si iscrive al RUNTS, verranno applicati gli artt. da 143 a 150 del TUIR. Diversamente gli articoli 79 e 80 del CTS o le norme specifiche riservate alle APS.
3.1 TUIR
Il fatto che nel TUIR le attività istituzionali non vengano tipizzate non vuol dire che si possa considerare istituzionale qualsiasi tipologia di attività.
Deve sempre sussistere una finalità di interesse generale, che verrà giudicata nel caso concreto (non ci sono infatti particolari controlli preventivi).
Inoltre rilevano anche le modalità con cui le attività vengono svolte.
** ART. 143: Le attività svolte non in forma imprenditoriale e rese in conformità alle attività istituzionale non vengono considerate commerciali, a condizione che: - non vi sia specifica organizzazione;
- siano gratuite o verso pagamento di corrispettivi che non siano superiori ai costi diretti.
Ciò significa che se l’attività istituzionale viene svolta in forma imprenditoriale sarà considerata attività commerciale e quindi tassabile.
** ART. 148: Tale articolo specifica le condizioni di non commercialità per le associazioni, stabilendo che: - Le attività istituzionali non sono considerate commerciali qualora vengano svolte nei confronti di associati o loro familiari e conviventi;
- le quote associative e i contributi, così come i fondi pubblici, non concorrono a determinare il reddito imponibile;
- si considerano in ogni caso attività commerciali la cessione di beni e la prestazione di servizi a fronte di corrispettivi specifici. Sono considerati tali anche i contributi e le quote associative determinati o maggiorati a seconda sei servizi offerti;
N.B. Il CTS ha modificato il comma 3 dell’art 148, eliminando la possibilità per le associazioni culturali di accedere a determinati benefici fiscali: infatti se le attività poste in essere dall’associazione, senza distinzione tra istituzionali e strumentali, sono svolte dietro corrispettivi specifici, anche se solo nei confronti degli associati, esse saranno considerate commerciali.
** ART. 149: L’ente perde la qualifica di non commercialità, indipendentemente dalle previsioni statutarie, quando svolge prevalentemente attività commerciale. Criteri di commercialità più rilevanti:
- prevalenza dei redditi derivanti da attività commerciali rispetto ai proventi di attività istituzionale (quote, contributi, raccolte fondi, donazioni..);
- prevalenza dei ricavi commerciali rispetto alle attività afferenti quelle istituzionali.
** ART. 145: le associazioni culturali possono optare per il regime forfettario per le attività commerciali, stante il quale il reddito imponibile viene determinato forfettariamente attraverso l’applicazione di coefficienti di redditività, secondo i seguenti scaglioni:
prestazione di servizi:
- fino a Euro 15.493,71: si applica un coefficiente di redditività pari al15%;
- da Euro 15.493,71 a Euro 309.874,14: si applica un coefficiente di redditività pari al 25%.
altre attività:
- fino a Euro 25.822,84: si applica un coefficiente di redditività pari al 10%;
- oltre Euro 25.822,84 fino a Euro 516.456,90: si applica un coefficiente di redditività pari al 15%.
Inoltre bisogna considerare che ad opera dell’art. 102 CTS viene abrogato l’art. 9-bis del D.L. 417/1991, che estendeva alle associazioni culturali la possibilità di usufruire del regime forfettario della L. 389/1991, ossia la possibilità di determinare forfettariamente il reddito imponibile, applicando un coefficiente di redditività pari al 3%.
2.2 CODICE DEL TERZO SETTORE
In relazione agli aspetti fiscali, vengono in rilievo i seguenti articoli:
** ART. 79: - innanzi tutto, sottolinea che dove compatibili si applicano le norme del TUIR ; - poi, quanto alle attività di interesse generale ex art. 5 si considerano non commerciali se svolte a titolo gratuito o dietro versamento di corrispettivi che non superano i costi effettivi (di prassi si ritiene che il corrispettivo non debba superare il 5% del costo effettivo, tenuto conto di tutti i costi sostenuti, non solo di quelli del bene o servizio).
- Non si considerano di natura commerciale le entrate derivanti da: raccolte pubbliche di fondi, contribui e quote associative, donazioni, sovvenzioni, finanziamenti pubblici;
- le attività, anche quelle strumentali, e in conformità con le finalità statutarie, svolte in favore dei soci e loro familiari si considerano non commerciali;
- se tali attività sono svolte dietro il pagamento di specifici corrispettivi sono da considerarsi commerciali, così come le quote o contributi supplementari versati per usufruire di specifici servizi;
- in genere anche le attività di interesse generale possono essere considerate commerciali se svolte con modalità di impresa (valgono i requisiti ex art. 149 TUIR).
** ART.80: il regime forfettario per le attività commerciali degli ETS: attività di prestazioni di servizi:
- ricavi fino a 130.000 euro, coefficiente 7%;
- ricavi da 130.001 euro a 300.000 euro, coefficiente 10%;
- ricavi oltre 300.000 euro, coefficiente 17%;
altre attività:
-ricavi fino a 130.000 euro, coefficiente 5%;
- ricavi da 130.001 euro a 300.000 euro, coefficiente 7%;
- ricavi oltre 300.000 euro, coefficiente 14%.
Il CTS trasfonde nell’art. 79 i concetti espressi nell’art. 148 TUIR, pertanto non vi sono particolari differenze nei criteri di individuazione delle attività commerciali e non. Se non chè, con la riforma le associazioni culturali, sia che scelgano di aderirvi che no, perdono il beneficio di presunzione di non commercialità delle attività svolte nei confronti degli associati, anche dietro corrispettivo specifico.
(Per approfondire il tema della fiscalità degli ETS clicca qui)
2.3 ASSOCIAZIONI DI PROMOZIONE SOCIALE
Le associazioni di promozione sociale godono di un regime giuridico e fiscale specifico, che si differenzia da quello generico valido per tutti gli ETS.
Fondamentalmente i benefici che non sono più riconosciuti alle associazioni culturali al di fuori della riforma e agli ETS generici, vengono riconosciuti alle APS.
** ART. 85: - le attività svolte dalle APS in diretta attuazione delle finalità statutarie e svolte nei confronti degli associati e loro familiari, sono sempre considerate non commerciali, anche a fronte del pagamento di un corrispettivo specifico, - solo alcune particolari attività sono considerate sempre commerciali, ad es. somministrazione pasti, prestazioni alberghiere, gestione mense..;
- se l’APS rientra tra gli enti per i quali il Ministero del Lavoro riconosce finalità assistenziali, anche la somministrazione di alimenti e bevande non è considerata commerciale,nemmeno dietro pagamento di corrispettivo specifico (per ottenere questa agevolazione è necessario affiliarsi ad altra APS riconosciuta dal Ministero).
** ART. 86: Regime forfettario delle attività commerciali delle APS (ricalca benefici L. 389/1991): - si applica al reddito imponibile un coefficiente pari al 3%;
- esonero dalla tenuta delle scritture contabili;
- esonero pagamento IVA, salvo rendicontazione.
(Per approfondire il tema della APS clicca qui)
CONCLUSIONE
Sostanzialmente ad una associazione culturale rimangono tre possibili strade da percorrere:
** rimanere al di fuori della riforma non iscrivendosi al RUNTS: - non sarà necessario modificare atto costitutivo e statuto;
- applicazione del regime fiscale previsto dagli artt. 143-150 TUIR;
- impossibilità di applicare la L. 389/1991;
- non applicabilità della presunzione di non commercialità delle attività svolte a favore degli associati prevista dal co. 3, art. 148 TUIR
** diventare un ETS generico: - adeguamento statuto e atto costitutivo;
- iscrizione al RUNTS;
- adeguamento organi sociali, libri sociali e contabili, obblighi di trasparenza;
- applicazione artt. 79-80 CTS;
- applicazione TUIR ove compatibile;
- non applicabilità L. 389/1991.
** diventare un APS: - adeguamento statuto e atto costitutivo;
- iscrizione al RUNTS;
- adeguamento organi sociali, libri sociali e contabili, obblighi di trasparenza;
- applicazione artt. 85-86 CTS (in particolare presunzione non commercialità attività svolte in favore dei soci e coefficiente redditività 3%).
Appare chiaro come il legislatore abbia operato un tentativo di veicolare le associazioni culturali a divenire ETS o ancor meglio APS, infatti è innegabile che quelle che non aderiranno alla riforma non potranno godere di alcuni benefici e agevolazioni fiscali.
Un'associazione culturale che decide di non aderire alla riforma, indubbiamente rinuncia ad una serie di agevolazioni, evitando però tutti i passaggi obbligati per adeguarsi ai nuovi adempimenti imposti dalla normativa. La valutazione dovrà quindi riguardare tutti gli aspetti rilevanti, l’associazione culturale dovrà decidere se ‘il gioco vale la candela’ e potrà farlo solo passando al vaglio la situazione concreta in cui si trova ad operare.
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