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LE ATTIVITA' DEGLI ETS

Se preferite ascoltare il podcast, qui il link al quinto episodio di 'A Cavallo di un Cavillo'


Riferimenti normativi

- art. 4 Codice Terzo Settore;

- art. 5 Codice Terzo Settore;

- art. 6 Codice Terzo Settore.


1. Le attività di interesse generale

Abbiamo parlato degli ETS e delle loro caratteristiche principali, tra cui rientrano le attività di interesse generale, vediamo quindi in cosa consistono e quale ruolo hanno all’interno della riforma.

Le attività di interesse generale hanno un ruolo centrale nella struttura degli ETS, così come delineata dal Codice del Terzo Settore (CTS).

Le attività di interesse generale sono le attività svolte dall’ETS per il perseguimento di finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale.

Bisogna infatti premettere che l’art. 1 CTS definisce il Terzo Settore come ‘il complesso degli enti privati costituiti per il perseguimento, senza scopo di lucro, di finalità civiche solidaristiche e di utilità sociale e che, in attuazione del principio di sussidiarietà e in coerenza con i rispettivi statuti o atti costitutivi, promuovono e realizzano attività di interesse generale mediante forme di azione volontaria e gratuita o di mutualità o di produzione e scambio di beni e servizi.”

Quindi, a monte delle attività di interesse generale dovranno sempre esservi le finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale, ossia finalità superindividuali volte al perseguimento del bene comune.

Tali finalità non vengono specificate dal CTS, che mantiene una definizione generica e aperta, che poi si concretizza appunto nelle attività di interesse generale, che invece sono tipizzate e tassative.

L’art. 4 CTS, pone subito la condizione fondamentale che un ente deve rispettare per ottenere la qualifica di ETS: svolgere in via principale o esclusiva una o più attività di interesse generale. Quindi, è in questo senso che le attività di interesse generale divengono centrali e qualificano un Ente del Terzo Settore in quanto tale.

Tali attività, vengono poi specificamente elencate all’interno dell’art. 5 CTS, che introduce 26 categorie di attività di interesse generale. Alcune categorie, nonostante la tipizzazione, sono però sufficientemente amplie da potervi ricondurre molteplici attività che ben potrebbe svolgere un ente per il perseguimento del bene comune..

In generale, si può affermare che le attività di interesse generale ricomprendono tutte le prestazioni tipiche degli enti senza scopo di lucro, sottolineandone il carattere e la funzione sociale che ricoprono.

Inoltre, proprio in quanto elemento fondamentale e sostanziale degli ETS, una volta che il RUNTS sarà operativo, saranno previsti controlli periodici volti alla verifica del mantenimento e dell’attualità delle attività di interesse generale.

Sarà quindi ancor più fondamentale che gli ETS abbiano statuti completi ed effettivamente corrispondenti al vero. Il controllo infatti verterà sul confronto dello statuto con la realtà di fatto dell’ente.

SI precisa infine, che l’ETS non solo dovrà svolgere almeno una delle attività ex art. 5, ma che queste dovranno essere attuate secondo le specifiche normative di settore che regolano la singola prestazione.

Quindi se l’ente svolge una o più attività di interesse generale in conformità al CTS, ma non nel rispetto delle normative di settore, potrà perdere la qualifica di ETS.

Ad esempio se un ente svolge un attività per cui sono richieste particolari certificazioni, autorizzazioni o iscrizioni ad albi, dovrà rispettare anche queste condizioni, diversamente perderà la qualifica di ETS e verrà cancellato dal RUNTS.


2. Le attività diverse ex art. 6 CTS

L’ETS deve svolgere in via principale o esclusiva le attività di cui all’art. 5, ma ad esso è concessa la possibilità di svolgere anche attività diverse, che siano secondarie e strumentali rispetto le attività di interesse generale e sempre che l’atto costitutivo e lo statuto lo contemplino.

L’art. 6 CTS non specifica quali siano le attività diverse, ma ne rimanda i criteri di individuazione ad un decreto del ministero dello politiche sociali, che al momento non è ancora stato adottato.

Si può però affermare che certamente, ai fini dell’individuazione delle attività strumentali, è fondamentale il criterio quantitativo: tenendo conto di costi e ricavi delle attività secondarie, rispetto a quelle di interesse generale, si dovrà valutare l’effettività strumentalità delle stesse.

Appare lampante come le attività diverse non potranno mai superare quantitativamente quelle di interesse generale, che in ogni caso devono essere svolte quantomeno in via principale.

La differenza tra attività di interesse generale e attività diverse, rileva in particolar modo ai fini fiscali: le prime sono sempre considerate non commerciali, le seconde solo in presenza di determinati presupposti (argomento che verrà trattato specificamente in un apposito articolo).

E’ evidente, ancora una volta, come stia diventando sempre più fondamentale il ruolo giocato dagli Statuti degli enti, a cui è demandata l’individuazione di tutte le attività svolte dagli stessi.


3. Attività di raccolta fondi

Infine, il CTS delinea anche l’attività di raccolta fondi tra quelle che un ETS può legittimamente svolgere.

L’art. 7 definisce la raccolta fondi, come il complesso di attività ed iniziative svolte da un ETS al fine di finanziare le proprie attività attività di interesse generale, che devono rimanere pur sempre il fulcro della vita dell’ente.

La raccolta può consistere:

  • nella richiesta di lasciti, donazioni e contributi a soggetti terzi;

  • sollecitazione al pubblico;

  • cessione o erogazione di beni e servizi di modico valore.

Può essere attuata sia occasionalmente che in forma organizzata, impiegando risorse proprie e di terzi, inclusi volontari e dipendenti.

Tra l’altro, ai sensi dell’art. 79 CTS, le raccolte pubbliche di fondi non corrono a formare il reddito dell’ETS (sono quindi defiscalizzate), qualora:

  • siano svolte occasionalmente;

  • le cessioni di beni e servizi siano di modico valore;

  • avvengano in concomitanza con celebrazioni, ricorrenze o campagne di sensibilizzazione.

Ai fini della defiscalizzazione delle raccolte fondi bisognerà tenere presente che i ricavi ottenuti non potranno essere di molto superiori ai costi sostenuti.

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